top of page

Perché sto in hype per il ritorno di Mystery Dungeon

  • Immagine del redattore: Milky
    Milky
  • 8 feb 2020
  • Tempo di lettura: 10 min

Aggiornamento: 9 feb 2020

Per anni ho continuato a seguire le Pokémon Direct senza avere l'ultima console aggiornata alle quale si riferivano. Semplicemente per amore del brand, quasi per vederlo evolversi insieme a me, constatare i modi in cui, nel tempo e con i cambiamenti del contesto storico, vanno a divergere per altre vie le due rette parallele costituite dalla serie e la mente che tanto ne è stata influenzata. Insomma, anche solo per commentare, condividere o rigettare (soprattutto negli ultimi tempi) le scelte; e anche quando Game Freak si comporta in modo tale da farmi sentire che la mia passione per la loro creatura sia più forte e legittima di quella che ci stanno investendo, una cosa bisogna sempre riconoscergliela: sono maestri dell'hype. I trailer di ogni nuova uscita, la presentazione di ogni nuova feature, il divertimento della campagna marketing sono quasi uno degli ultimi baluardi a tenere saldamente ancorato quel sentimento del meraviglioso e della scoperta che noi fan tanto associamo alla serie, quasi più dei giochi stessi alla fine, una piazzola in cui ci riuniamo tutti senza riuscire a reprimere risatine, "l'hanno fatto di nuovo". E adesso, dopo diverse uscite saltate, ho una Switch.


Eppure, durante la direct del 9 Gennaio, quella dell'incredibile annuncio dei DLC di spada e scudo (tra l'altro uno dei più magistralmente presentati, imo), qualcos'altro mi ha tenuto la mente occupata, rendendomi in qualche modo distante dalla notizia "principale" nonostante la sua magnitudine. Si capisce dal titolo. Per tutto il resto della direct ho continuato a pensare a quella "nuvoletta del dialogo" comparsa nel buio dei primi secondi, quel ritorno che avevo auspicato per scherzo, e sono riusciti a farmi gridare (cosa non facile), da solo in camera. Perché una reazione tanto pronunciata, tra l'altro non per una nuova uscita, ma per un "semplice" remake? (spoiler: la mia riflessione verte su red & blue squad, il remake in arrivo e i capitoli "explorers", non avendo giocato gli altri; ma essendo un discorso scaturito dall'annuncio del remake, mi sembra sufficiente partire da questi esempi)



Penso che la premessa di MD funzioni perché profondamente radicata in una domanda, un sogno a occhi aperti, una fetta di immaginario comune a tutti coloro che sono cresciuti con la serie e ne sono stati influenzati. Tutti noi, sognatori raccolti sotto la comune bandiera di una "cazzatina" in fondo, un gioco, che ci portava tra boschi e grotte lontani dalla quotidianità, (magari anche insegnandoci nuovi modi di vederla, di viverla) -tutti noi inevitabilmente ce l'eravamo chiesto, in due passaggi: 1.e se fossi un Pokémon? Questa una delle tante fantasie, infantili e non, una parte importante dell'esperienza di ogni fandom; 2.e se ci fosse un gioco in cui non sono un allenatore che allena i Pokémon, ma si potessero vestire i panni (le bandane, in questo caso) di uno di questi? Questa la domanda più "pratica", nascente dalla creatività che le moltissime potenzialità del brand ci infondeva. E, c'è da dire, dalla premessa di farci giocare dal punto di vista di un pkmn, ne potevano nascere di porcate. Invece no (a mio avviso), invece il sogno è stato adempiuto quasi alla perfezione entro i limiti imposti da un gioco, che per quanto bello non dispone dell'anarchia selvaggia della fantasia. Cercherò di trasmettere ciò che secondo la mia percezione ha determinato questa riuscita, rispondendo alla domanda del titolo.


Per prima cosa, sono un fissato delle "atmosfere", quei luoghi mentali fatti di sensazioni remote, dove si possa andare a caccia di epifanie e tutte altre cose pretenziose che vi risparmio; di base desidero che un'opera narrativa o musicale mi consentano di vedere, se chiudo gli occhi, un vorticare di immagini mentali, mi sblocchino un'immersione misteriosa. Non sono un gran videogiocatore, a parte pochi titoli accomunati proprio dal fatto che vi ritrovo questo aspetto, perciò non parlerò di gameplay (piuttosto blando in MD, lo riconosco), che rimarrà sempre un aspetto per me secondario, terziario. Queste atmosfere, dicevo, nel caso di un'opera narrativa/audiovisiva, riesco più facilmente a evocarle quando si realizza un particolare connubio tra musiche, ambienti e luce, colori, suggestioni quasi sensoriali, tale da far emergere frammisto al novero delle emozioni provate un vago fantasma dolceamaro che assomiglia quasi a un Dejavu, una roba che non sapevi di conoscere come una vita passata, tipo "toh, ma io l'ho vista già sta roba, e diavolo, quanto è nostalgica!", vabbè s'è capito. MD sguazza allegramente in simili suggestioni.

Partiamo dall'inizio: il test di personalità che determina la propria forma. Nelle sue poche domande, a volte idiote, a volte stranamente difficili, realizza una sorta di introspezione innocente privata di ogni masturbazione mentale, sembra quasi che la sequela di domande provenga direttamente dal proprio sé bambino ansioso di sapere come ci comporteremmo in determinate situazioni. Un esperimento di autocoscienza minimalista e giocoso, che nel suo intento appare più efficace di tanti test psicologici che girano su internet, magari ti fa anche capire qualcosa di te stesso come potrebbe farlo la riapertura di un vecchio diario, lo sfogliare i vecchi album di disegni e scarabocchi. Il test è una delle meccaniche più note e fortunate di MD, e non lo sarebbe se non iniziasse già da subito a instaurare l'atmosfera alle fondamenta di tutto.

Un velo etereo che ondeggia cambiando costantemente colore, una voce lontana e di fonte invisibile in grado di leggere l'aura, sembra provenire dal proprio inconscio, la musica al tempo stesso rilassante e solenne, malinconica e grande, che ritornerà a ogni scena di sogno (insomma, vogliamo stare a parlare delle musiche di MD? Perfino chi odia questi spin-off ammette che le ost sono tra le migliori di tutto Pokémon, il che è tutto dire). Questi sono gli elementi di un ponte che collega direttamente il nostro desiderio di giocatori e sognatori alle avventure che ci attendono in questo mondo alternativo, lontano dalle regole dello stesso mondo Pokémon che abbiamo imparato a conoscere nei giochi principali. Nel gioco siamo consapevoli della nostra natura umana, nonostante una perdita di memoria che funge da obnubilante lasciapassare per la leggerezza che il protagonista sfoggia nel corpo di un pkmn. Ma di altri umani, nel mondo di MD, non c'è traccia. I meccanismi che ce li ricordano -soldi, vestiti, borse, posta, capanne, servizi etc.- non sono lasciti umani, ma elementi autonomi di un'immaginaria società di pokémon separata dalla vita selvaggia dei dungeon, dove vigono la catena alimentare e la legge del più forte. Siamo il solo (o quasi) umano di cui si faccia menzione in tutta la storia, tramutato in pkmn da un incanto misterioso, e questa cosa, chiaramente, non può non essere significativa: siamo noi, è ovvio, siamo noi con quella nostra fantasia di essere qualcos'altro, a conferirci questo status, a creare quello stesso mondo. Così, nella "Piazza Pokémon" e i suoi passanti possiamo riconoscere la declinazione onirica e spensierata, fuori da tempo e spazio, di una nota città o bazzico con le sue facce conosciute; nel compagno di avventure che scegliamo all'inizio riconosceremo l'ombra di un amico, un partner, un consanguineo; nel susseguirsi di avventure e il progredire delle problematiche della storia -guarda caso legate alla scoperta di se stessi e il proprio posto nel mondo- troviamo una corrispondenza con le sfide di ogni nuovo giorno e i grandi dilemmi che non cesseranno mai; tante immagini saranno la materializzazione, all'interno dello spazio-sogno, di sensazioni a noi care, che ci rimangono dentro e allietano anche in mezzo a cemento-traffico-cieliprividistelle: il rumore lontano delle onde del mare al promontorio Sharpedo, la quiete crepuscolare che attende al culmine di un dungeon, i Krabby sulla spiaggia al tramonto, la prima avventura in un boschetto dietro casa, la fiabesca frescura d'acqua e magia quasi elfica che penetra gli occhi alla fonte di Whiscash, quel tranquillo stagno di acque pure presente nel profondo di tutti noi.





E ancora troviamo una soddisfazione che non sapevamo di avere nell'alternanza cristallina tra silenzio e musica, tra quei luoghi in cui è doveroso lasciar fuori ogni sottofondo diverso dai suoni della natura -caos della vita, preoccupazioni, cuffie e suonerie- e altri in cui invece la presenza di una melodia ne possa svelare la personalità, ne arricchisca ogni angolo e sfumatura. Il famoso tema ricorrente di Dialga nella Torre del Tempo, declinandosi ogni volta mediante un diverso strumento, convoglia il senso di ancestralità insito nella sua melodia, la piccolezza di fronte all'importanza di tempo e spazio che crollano su se stessi, il mistero antico che irradia dalle mura di templi eretti da esseri divini. Un carillon per portare in salvo la nostalgia nella terra fluttuante fuori dalle mappe, dalla quale si potrebbe non far più ritorno; krautrock frettoloso per la savana sempre coperta da nubi temporalesche, percussioni iniziatiche e motivi quasi marziali per le rocce brulle e austere del Monte Aguzzo, inquietante ambient incorporeo per caverne piene di acque e vapore, di bagliori freddi di gemme e ghiaccio in cui si nasconde qualcosa, i picchi tensivi della musica allarmano, ogni volta sembrano sul punto di sfociare nella tempesta che non si rivela mai esplicitamente. I cori western e i flauti amerindi del Canyon Maestoso non ci distraggono dalla sua bellezza, ma la accentuano e ci accompagnano direttamente alla cima, dove Xatu attende immobile, in estasi sciamanica con lo sguardo volto al sole calante sulle valli desertiche -prima di scadere comicissimamente nel terraterra quando, per fare in modo che si accorga della nostra presenza, gli faremo il solletico, inducendolo a svelarsi nel suo lato più "umano"; perché "umani", affettivi sono anche questi pokémon, e "umana e affettiva" è l'avventura che MD ci propone, come testimoniano i vari momenti di questo tipo che sembrano volerci suggerire come a ogni momento solenne e ultraterreno corrispondono una cretinata, una battuta triste, una figuraccia imbarazzante, un difetto: insomma, fa tutto parte della vita e in quanto tale ce lo ritroviamo, senza eccezione, dall'altra parte dello specchio, nell'immaginario coi suoi simboli.

Ma se c'è una traccia che forse mi sembra più rappresentativa di tutto ciò che questo spirito significa, quella che con piacere negli anni mi sono ritrovato in testa casualmente fino a farmela fischiettare, è la Piazza Pokémon di R&B Squad, che ho riascoltato col magone durante il trailer, facendomi capire per bene che "stava succedendo davvero". Ti risvegli nel corpo di un pkmn: non sai rapportarti alla nuova vita che questo comporta: viene incontro il futuro compagno d'avventura, a farti da guida: comprendi che lì i pkmn vivono in una società simile a quella umana, un po' "medievale", e che c'è un punto di riferimento dal quale partire: ecco che ti viene mostrata la piazza, tra un trionfo di cornamuse e un flauto che slitta lungo una sorta di Reel irlandese sotto un cielo chiaro perennemente risplendente sul villaggio incastonato tra boschetti e campagne di favola. Questa musica vuole comunicarcelo come un luogo che da qui in poi sarà sempre più familiare, lo conosciamo e sappiamo come ci si muove, comincia sempre tutto qui, dove si fanno le scorte e i preparativi prima dell'avventure, verso la quale il senso di trepidante scoperta dei tamburi sembra volerci lanciare senza indugio, "andiamo, che aspetti?"


Sì, come detto c'è qualcosa dell'idea, sempre molto vaga, di "Medioevo" come epoca di imprese eroiche, di viaggi lontani, di incontro col soprannaturale. "Gilde" di esploratori come quella di Wygglituff, quel senso di segretezza quasi esoterica o di cavalleria (ridotta al comico dai membri sgangherati), poi bisacce, strumenti magici, l'impressione di "bottega" trasmessa da ciascuno dei servizi disponibili per esigenze di gameplay. Ma non c'è mai del tutto l'hard fantasy stile LOTR, si fa strada l'idea che, più che di medioevo, si tratti di un fantastico ancora più remoto, un racconto folkloristico carico di allegorie, dal sapore celtico e talvolta primitivo. Pkmn che, come popoli antichi pieni di devozione immaginifica nei confronti della natura, vivono in semplici ma confortevoli capanne, in un angolo di terra strabiliato dalle spettacolarità cicliche del meteo in movimento secondo le stagioni o i sinistri stravolgimenti ambientali in atto, mentre altrove, nei dungeon (e dunque gli ambienti esterni al villaggio, le terre selvagge), ci si rapporta ancora con l'uso della forza allo scarto non del tutto avvenuto tra la parte animale/istintuale e quella caratterizzata da empatia e istinti sociali, che ci spingono in una delle prime missioni a recuperare dalla cima di un monte l'amico Diglett rapito da un feroce Skarmory che in fondo si stava solo comportando secondo i suoi istinti predatori; insomma, ci sono pkmn civilizzati, per quanto rudimentalmente, e quelli selvatici dai quali i primi si difendono, quei portatori della sempre affascinante componente bestiale assolutamente necessaria, imprescindibile da qualsiasi avventura: per esigenza psicologica universale, quando si osservano vegetazione e conformazione di un territorio inesplorato, occorre la possibilità di potersi immaginare qualcosa in agguato là dietro, per quel brivido tutto tribale che ci renderà sempre vicini ai nostri antenati delle caverne. Ne approfitto per una breve menzione dei "covi di pokémon", forieri di tante bestemmie: se gli abitanti dei dungeon non sono visti come animali selvatici o mostri, ecco che il gioco ci offre un'altra insidia tipica di fiabe e leggende, quella dei briganti o predoni che tendono imboscate agli spericolati passanti balzando dalle chiome della foresta (Inutile nasconderlo, per me incontrarne uno significava game over nel 90% dei casi).



(ah, e non si pensi che i dungeon non rendano giustizia a tutta questa manfrina sull'atmosfera e i dejavu: semmai proprio il loro essere scarni e lineari, ridotti a pochi elementi ripetuti, me li fa assomigliare alle astrazioni di ciascuno dei luoghi, quasi si trattasse di un'esplorazione tutta mentale all'interno dello "scheletro" di una foresta/grotta/abisso marino/vulcano etc., o del loro "progetto", la loro grammatica basilare. Anch'essi, così come sono, appartengono al fascino della serie)


Insomma, non so neanche se quello che ho spiegato fin qua possa essere minimamente sensato, ma confido nel fatto che questa serie sembra aver lasciato in molti qualcosa di profondamente nostalgico, come testimoniano le varie playlist di "mystery dungeon emotional music" e i diversi commentari che attribuiscono a questa serie addirittura il merito di aver cavato il meglio, dal punto di vista narrativo, dalla serie Pokémon in toto. Non è una questione che voglio affrontare, ma ci tengo a ribadire che ad accomunare ogni fascinazione per questi mondi è il sogno, è il ponte onirico che costruiscono tra la vita e le nostre parti più interne e misteriose, che trovano riflesso in suoni e immagini capaci di accumulare densità emotiva. Cosa sono la nostalgia che molti provano, cos'è l'affetto per questa serie "minore"?

Voglio concludere riallacciandomi all'inizio, quel velo colorato e ondeggiante che ritorna durante ogni sonno significativo nel corso della trama. Sì, è tutto un sogno, e lo sappiamo; ed è per questo che è bello, per questo è importante e dobbiamo ascoltare cosa ci dice, che siano la voce di Ninetales, di Gardevoir o di una figura sepolta in fondo a noi, magari un nostro sé passato o futuro... per questo ogni volta che ci stiamo coricando, col favore di un tema musicale da ninna nanna e una luna circondata da stelle e lucciole, speriamo che al chiudere degli occhi segua una di quelle scene: era così nel gioco, capitava casualmente, di tanto in tanto, che dopo essersi addormentati alla fine di una giornata di missioni vedessimo comparire per la nostra gioia il nostro protagonista rannicchiato nel buio, nella quiete più serena e totale che preludeva il ritorno di quella musica, la stessa dell'inizio... la stessa del ponte che ci ha portato lì, nel cuore del sogno. Ed ecco di nuovo il velo, ecco le campane e i fiati agrodolci, ecco quel nucleo di emozioni molli e calde che tanti fan associano a MD. Perché sotto la vita di tutti i giorni, fatta di routine, conforto domestico, affetti, facce conosciute in piazza, cova qualcosa di diverso, di misterioso che ogni tanto si manifesta, profondamente radicato nell'essenza di noi stessi. E ci fa visita, conducendoci anche solo per poco più a fondo nell'anima delle cose, con la speranza che non ci sia nessun signore dell'incubo (non è un caso che proprio Darkrai sia il cattivo finale dei titoli explorers) ad attentare la pace dei sogni e arrestare il tempo, quello che deve scorrere, portarsi via delle cose per sempre, farci male per poi essere accettato. E che magari di tanto in tanto si rifaccia vivo, dopo 14 anni, cambiato insieme a noi, a riportarci un po' indietro con un bel remake dai toni di matita e pastello, come un vecchio foglio pasticciato in mezzo a un quaderno delle elementari.







Post recenti

Mostra tutti
Sa ssa, prova prova

Si capisce, è solo per vedere. Mi sembra giusto che ci si senta al primo post come uno che spegne e accende l'interruttore più volte,...

 
 
 

Comments


  • Facebook
  • Twitter
  • LinkedIn

©2020 di DH Jazz. Creato con Wix.com

bottom of page